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Eroi
 

Le Due Sicilie hanno dato i natali ad innumerevoli nonchè illustri personalità, distintesi in campo artistico, letterario, scientifico e culturale.



Carlo Gesualdo da Venosa PDF Stampa E-mail

Image Di famiglia nobile, discendente dei Re normanni Carlo Gesualdo nacque a Venosa (PZ) l'8 Marzo 1566 dal matrimonio di Fabrizio Gesualdo e Geronima Borromeo (sorella di S.Carlo, nipoti del papa Pio IV), era il secondogenito della coppia e morì a Gesualdo (AV) nel 1613. Tuttavia sul luogo della sua nascita esiste una controversia per cui è facile trovare su alcuni testi Napoli quale paese natìo. Di lui si sanno poche notizie personali fatta eccezione per un episodio tragico che noi accenniamo benchè contrari in quanto non attinente ai fatti specifici dell'arte, consapevoli però che all'arte contribuisce; si sa inoltre che fu grande amico di Torquato Tasso.
Non che musicalmente il meridione non abbia precedenti autorevoli, con questo autore tuttavia si ha un contributo sostanziale all'evoluzione musicale in termini moderni. All'età di 19 anni pubblicò il primo mottetto: "Ne reminiscaris, Domine, delicta nostra".
Formatosi musicalmente con Pomponio Nenna, subì il fascino delle teorie sul cromatismo di Nicolò Vicentino e Marcantonio Ingegneri .
Il 1590 segna la svolta drammatica della sua vita che agisce fortemente sulla vena creativa da allora, infatti, trascorreranno anni di forzato isolamento, nei quali, i sensi di colpa, il pentimento, l'espiazione, acuirono il suo stato di malessere, di inquietudine e di malinconia ma saranno anche gli anni di una febbrile opera produttiva che costituisce il corpus principale del suo lavoro compositivo. La musica di Carlo Gesualdo, costituita da sei libri di Madrigali a 5 voci, due libri di Mottetti e uno di Responsori a 6 voci, contiene una carica emotiva che scaturisce da un'armonia pregna di espressivo cromatismo. Il procedimento compositivo, ricco di innovazione tecnica, di modulazioni e di sorprendente colorismo, lo pone al vertice dell'eccellenza tra i Madrigalisti di tutti i tempi.
Con Gesualdo si avvia la pratica di un'armonia che da spazio ad una cantabilit? che può a ragione considerarsi origine della musica melodica.

Questa forma musicale, il Madrigale, che gli storici usano suddividere in tre periodi, è nata verso la metà del trecento, ed è la più antica forma poetico - musicale dell'Ars Nova fiorentina destinata ad un ambiente colto e raffinato: << La concezione del madrigale si basa sulla corrispondenza tra figure musicali e immagini e concetti proposti dal testo. Il lavoro del musicista quindi non si riduce semplicemente alla traduzione delle parole in immagini sonore, ma consiste nell'elaborare le immagini sonore in un discorso musicale che prende avvio dalle parole.
La genesi del madrigale va collegata inoltre al movimento letterario del "petrarchismo". Ricercare la qualità espressiva dei versi significa elaborare strutture musicali dettate dai contenuti più che dalle forme della poesia. Il madrigale segna il trapasso dalla sobria linearità polifonica-rinascimentale ad un pro-cesso di scavo frontale della linea melodica>>.1.
Per comprendere a pieno la maestria del Nostro si pensi che essa, generalmente è a due voci, raramente a tre voci.
La base poteva essere sia cantata che accompagnata da strumenti. L'argomento dei testi:l'amore, la politica o la morale.
In quegli anni la "malattia" fu il ricorrente alibi al quale ricorse per appartarsi in una aristocratica solitudine, popolata di tanti fantasmi. Quattro anni per soffrire e tentare di dimenticare, prima di giungere a Ferrara nella casa D'Este.
<< Il 1594 è un anno decisivo per il principe musicista. Giunto a Ferrara alla corte del duca Alfonso II, per sposare in seconde nozze la nipote Isabella D'Este, per la prima volta lui che aveva sempre sdegnato ogni clamore ed aveva mostrato reticenze ad esporsi come compositore, decide di pubblicare alcune opere. Ma i rituali del tempo consideravano poco consono alla dignit? principesca il cimentarsi in attività del genere. Per questo motivo una prima raccolta di Madrigali fu resa nota con lo pseudonimo di Giuseppe Pilonij, mentre i primi suoi due libri saranno pubblicati a nome di musicisti del suo seguito e dedicati al loro autore.
Quell'anno, inoltre, chiuderà un capitolo drammatico e segnerà una svolta nella sua vita, tormentata da echi non ancora sopiti del duplice omicidio, da commenti ed apprezzamenti sarcastici cui era oggetto il Principe uxoricida.
Alfonso II, nel matrimonio di Isabella col nipote del Cardinale Gesualdo, cercava un'alleanza e un appoggio alla speranza di successione nel Ducato di Ferrara del duca Cesare. Ferrara era sede della più esclusiva accademia musicale. Musicisti, quali i fiamminghi Cipriano De Rore, Jaches de Wert e Luzzasco Luzzaschi, futuro maestro di Frescobaldi, fecero di questa città un santuario geloso di "Musica Reservata"; qui Gesualdo riuscirà a mitigare il malessere psichico e la misantropia. Il conte Fontanelli, diplomatico al servizio del duca Alfonso, ci ha lasciato nelle sue lettere al duca, il ritratto più fedele del principe "professore" che "galante e spesso cupo e in preda a improvvise malinconie, non esitava a cantare i propri madrigali e suonava il liuto e la chitarra spagnola".
A Ferrara compose il III e il IV libro di madrigali a cinque voci che pubblicò come i precedenti, per i tipi privilegiati dello stampatore ducale Vittorio Baldini. Passarono quindici anni dall'esperienza ferrarese, prima di far pubblicare, stampati nel castello di Gesualdo, il V e VI libro che insieme a tre raccolte di composizioni sacre, esauriscono l'intero suo corpus compositivo. "Baci soavi e cari" è il madrigale Guariniano che apre il I libro. Il testo pastorale, lo spingerà ad abbandonarsi ad una melodicità ariosa, quasi da canzonetta, rifuggendo così da artifici contrappuntistici. Fu proprio negli anni ferraresi che Gesualdo si avvicinò sempre più al nuovo stile monodico, alle soluzioni di musicisti quali il Peri e Monteverdi. Ma non rifuggì mai dalla polifonia, dall'imitazione contrappuntistica alla quale ricorrerà sopratutto lì dove lo stimolo del testo è più concettuale che emotivo. Nucleo di ispirazione del madrigale "Tirsi moria volea" è una drammatica monodia che non è mai isolata e scoperta, ma si insinua attraverso imitazioni in tutte e cinque le voci>>.2.
A lui si ispirò uno dei grandi "narratori" moderni, Richard Wagner. I prestiti musicali sono evidenti nella famosa "Cavalcata delle Valkirie" e in alcuni passaggi del "Tristano ed Isotta". A Gesualdo Stravinsky dedicò addirittura un "Monumentum", considerata l'ultima importante opera della tarda maturità.

note:
1 Cit.testo di Nadia Masini tratto www.basilicata.cc/lucania/venosa/gesualdo
2 ibidem

Ferdinando Palasciano PDF Stampa E-mail

Ferdinando Palasciano nacque a Capua il 13 giugno 1815. A 22 anni era già laureato in Lettere, Filosofia e Veterinaria.
Era l'epoca delle grandi tappe della medicina e Palasciano, entusiasta dei continui progressi di questa scienza, s'iscrisse all'Ateneo di Messina, conseguendo, nel 1840, la laurea in Medicina e Chirurgia. Dopo la laurea entrò, con il grado di alfiere medico ed assegnato all'Ospedale Militare, nell'esercito borbonico.
Nel 1848 l'intera Europa è percorsa da un sussulto rivoluzionario e, quasi ovunque, i popoli si ribellano. Anche la Sicilia è terra di tumulti, ribellioni e sommosse. Messina si unisce a Palermo nell'insurrezione contro il Borbone ma, nonostante la  resistenza ai bombardamenti della flotta borbonica, il 7 settembre capitola ed il generale borbonico Filangeri, s'impossessa della città. Il Filangeri, per infierire sui ribelli vinti, diede ordine ai medici militari di non curare il nessun modo i nemici feriti in combattimento.
Ferdinando Palasciano, però, si rifiutò di obbedire e chiamato dal Generale a rapporto, replicò in questo modo: "I feriti, a qualsiasi esercito appartengano, sono per me sacri e non possono essere considerati come nemici.". Per tale risposta fu accusato di insubordinazione con il rischio di essere passato alle armi. Solo grazie ai buoni rapporti che intratteneva con Re Ferdinando di Borbone ebbe salva la vita.Ferdinando II, che aveva intuito la grandiosità di Palasciano, lo graziò e pare che, in quella occasione, avesse esclamato, alludendo anche alla bassa statura del medico: "
che male po'  ffà, è accussì piccerillo."
Fu condannato ad un anno di carcere che scontò a Reggio Calabria.
A Reggio, anche se prigioniero, Ferdinando Palasciano viene incaricato di soccorrere i feriti dell'esercito napoletano, che le navi trasportano da Messina. Palasciano fu in prima fila nel 1860 a Capua, durante la battaglia del Volturno.
Nel 1861, con l'unificazione dell'Italia e la fine del dominio borbonico, il Palasciano può rimettersi in azione per far riconoscere il suo principio di "neutralità dei feriti in guerra". A Napoli, il 28 gennaio 1861 il Palasciano pronuncia un discorso rimasto celebre nel quale asseriva:
"bisognerebbe che le potenze belligeranti, nella dichiarazione di guerra riconoscessero reciprocamente il principio della neutralità dei combattenti feriti o gravemente infermi, e che adottassero rispettivamente quello dell'aumento illimitato del personale sanitario durante tutto il tempo della guerra".
La Convenzione di Ginevra, definitivamente approvata il 22 agosto 1864 cioe' tre anni dopo, fece pienamente suoi questi memorabili principi umanitari. Il Palasciano vede finalmente mettere in pratica quei pensieri che quattordici anni prima gli avevano messo in pericolo la vita. Ma ciò non basta ancora a tranquillizzare la sua coscienza. Nel giugno del 1870, quando egli denuncia ancora con grande energia tutti gli episodi di crudeltà verificatisi tra gli eserciti combattenti durante il conflitto franco-prussiano. Per tale denuncia fu deferito al Tribunale di Guerra e per il medico capuano fu richiesta, l'immediata fucilazione.gli fu fatta grazia.Nella battaglia di Solferino, il Sig. Dunant, svizzero, presente in quei luoghi come semplice spettatore, venne a conoscenza, tramite il dott. Appia, delle innovazioni propugnate dal Palasciano: rimase affascinato da tali idee al punto che le fece sue,
Poco dopo Dunant pubblicò a Ginevra "Un souvenir de Solferino", in cui Dunant esponeva, appunto, il principio della neutralità del combattente ferito.
Il libro fu tradotto in molte lingue.
A di stanza di poco tempo fu istituita la "Croce Rossa" e il Dunant fu riconosciuto ufficialmente, ma non del tutto meritatamente, il fondatore.
Palasciano, intanto, nel 1865 ottenne la cattedra di Chimica Chirurgica presso l'università di Napoli.
Fu, però, sospeso dall'insegnamento dal Rettore Imbriani a causa della sua tenace protesta messa in atto contro il trasferimento di una branca della facoltà presso il Convento di Gesù e Maria. Palasciano non riteneva quel luogo fornito dei mezzi igienici necessari .
Il suo nome, comunque, era noto in tutto il mondo e numerosi erano i congressi cui partecipava: Parigi, Bruxelles, Londra, Ginevra.
Nel 1886 cominciarono a manifestarsi i primi sintomi di una grave demenza mentale che, intervallata da brevi momenti di lucidità, lo accompagnò fino alla morte, avvenuta il 28 novembre 1891.
A Palasciano, dunque, va il grande merito di aver proclamato, per la prima volta, con le sue sole forze e senz'alcun appoggio politico, il principio della "neutralità del combattente ferito". Pertanto, il suo nome e la sua memoria stanno, idealmente, accanto a quelli delle più grandi figure della Croce Rossa.

Antonio Felice Jafolla PDF Stampa E-mail

Il 26 febbraio 1770, Felice Antonio Jafolla della Terra (paese) di Pettorano sul Gizèo, figlio del Magnifico Francesco (anche questi svolgeva l'attività di agrimensore, infatti nel 1751, quando nacque Felice Antonio aveva compilato per l'Università di Introdacqua il Catasto onciario: diretto e scritto da Francesco Jafolla Agrimensore del Reggio Tavoliero di Foggia della Terra di Villalago degente in Pettorano ( ... )" ancora oggi depositato nell'archivio comunale di Introdacqua) contrae, nel paese di Cerchio, all'età di 19 anni (1), matrimonio con Gertrude figlia del quondam (defunto) Dr. Pietro Alessandro Ranalletta della città di Celano.

Non sappiamo con precisione l'anno della sua morte: nel "Lèber Matrimoniorum" iniziato nel 1705 e terminato nel 1802 (2) apprendiamo che all'atto di matrimonio della figlia della prima moglie, Luiggia (Maria Anna Luiggia, nata a Cerchio il 16 Dicembre 1774) redatto il 29 aprile 1798, la stessa viene citata come figlia del quondam Feliceantonio Jafolla".

Dunque il Nostro che, con grande onore e fama, svolse l'attività di agrimensore (3), morì in una età abbastanza giovane: l'ultima notizia che abbiamo di lui vivente registrata a Cerchio  quella tratta, nel registro dei battezzati (1745-1801 Archivio parrocchiale di Cerchio) quando il 25 Aprile 1791 viene battezzata l'ultima figlia Maria Cesidia (nata a Cerchio il 25.5.1791). Non sappiamo, purtroppo ne la data esatta, ne la causa ne il luogo del suo decesso: il Nostro morì abbastanza giovane in una età oscillante fra i 40 ed i 47 anni.

Le notizie del suo importante lavoro le abbiamo ricavate da alcuni autori: Ugo Speranza: "Segnalaziom di Fonti Notaril" inedite per la Storia della Marsica - anni 1506 - 1810 (6); Ezio Mattiocco: Struttura urbana e società della Sulmona Medievale (T?p. Labor Sulmona 1978) e Diego Maestri Mario Centofanti - Antonio Danton Ditta: - Immaginidi un territorio - l'Abruzzo nella cartografia Storica 1550 - 1850 (7) attraverso le quali conosciamo, certo non in i-nodo esauriente, la sua attività.
Nel 1777 redige il Catasto della commenda di S. Tomi-naso dell'Aquila (7 bis).

Il 10 Giugno 1778 assieme al suo collega Gaetano Jenga forma la Pianta di indicazione dei confini tra l'Università "Cornune" della terra d'Arischia e la montagna del diruto Castello di Sant'Anza (8).
Il 28 Settembre 1780 in un atto stilato dal Notar Panella Giuseppe di Civita D'Antino (9) apprendiamo che: "Ciaci Domenico di Filettino, Stato Pontificio, Jafolla Feliccantonio di Cerchio, agrimensore, ed altri, fanno dichiarazione e perizia per la confinazione delle montagne l?mltrofe della Meta e Morino".
Il 7 Novembre 1785, il Nostro, forma una importante mappa (depositata ora nella Biblioteca Nazionale di Napoli (10) dove si stabiliscono una parte dei confini fra lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie: Pianta d? confini tra Accumoli e suo stato, con Norcia e Contado nel Pontificio, elevata da me Felice Antonio Jafolla Agrimensore della Terra di Cerchio, ad istanza dè Magnifici Amministratori di detta Università d'Accumoli, e suo stato, e d'ordine dell'ill.mo signor Marchese D. Giovanbattista Salomone, Giudice della G.C. della Vicaria Commissario Delegato della Maestà del Re delle due Sicilie Ferdinando IV, uniforme all'altra, che d'ordine del medesimo signor Marchese si è allegata negl'atti formati in questo corrente anno per le resuscitate vertenze cè Norciani.
La qual pianta è stata delineata secondo le vere confinazioni stabilite dal Signor Marchese D. Angelo Cavalcante, ed esperti, che lo servirono nel 1750, D. Felice Sabbatelli, e Costantino Manna, il primo maestro della Real Poggeria, ed il 2 di Tavolario del S.R.C. Compita l' 7 Novembre 1785". Prima di questa aveva redatto la: "Pianta della controversia de Confini fra lo Stato di Accumoli per parte del Regno di Napoli e di Norcia per parte dello Stato Pontificio formata da noi sottoscritti Regi Agrimensori Giannandrea Giardini, della citt? dell'Aquila, e Feliccantonio Jafolla della Terra di Cerchio, giusta la del?neazione e stabilimento fatto dal Marchese Cavalcante fin dall'anno 1750; qual pianta si è formata per ordine del Signor Marchese D. Giambattista Salomone Caporrota della Regia Udienza dell'Aquila, Giudice della G.C. della Vicaria e Commissario Delegato dalla Maestà del Re delle due Sicilie Ferdinando IV, terminata oggi li 28 settembre 1785". G. Bono: "Le ultime intestazioni feudali nel cedolesi degli Abruzzi" Napoli 1991.

Il 21 dicembre del 1787 il Jafolla forma la pianta (11) della "Copia estratta dalla General Platea dei sig.ri Tabassi Masciarelli di Celano di tutti i Beni Stabili che posseggono in Dominio, e Pertinenze della Città di Solmona, fatta da me Feliccantonio Jafolla della Terra di Cerchio Agrimensore in questo dè 21 Dicembre 1787. Alla fine del sec. XVIII (purtroppo l'anno è mancante) forma la "Pianta della Montagna Grande di Celano S. E. il sig. Duca Sforza Bovadilla che fu misurata a richiesta de locati di Ovindoli e Rovere, da noi Agrimensori Feliceant.o Jafolla di Cerchio, Pasquale Nusca di Rovere e Gioacchino Cidoni di Rocca di Mezzo eletti dal Subalterno D. Eustacchio de Sanchiis, destinato dalla Regia Dog.a di Foggia per l'effettuazione della misura anzid.a coll'assistenza de Deputati eletti da medesimi locati delle due Unità, per cui se ne estratta copia consimile all'original abbozzo esistente presso di me Felice Ant.o Jafolla uno de su detti Agrimensore" (esposta nel Museo Civico di Cerchio).
Le succitate notizie purtroppo non ci permettono di descrivere in un modo abbastanza preciso, la mole e la portata del suo importante lavoro anche se riusciamo a comprendere che il Nostro è senz'altro un quotato e famoso tecnico che ha un raggio d'azione abbastanza ampio.

Non sappiamo quale sia stato il suo curriculum scolastico ne il suo primo ed ultimo lavoro.
Forse il primo lavoro, o fra i primi, è quello commissionato al Nostro dai Frati Agostiniani Scalzi di Cerchio il 12.2.1769 all'età di circa 18 anni.


NOTE

(1) Il 29 Aprile 1781 contrae, essendo rimasto vedovo, nuovo matrimonio con la diciottenne Letizia D'amore. Liber Matrimoniorurn 1705 (Archivio Parrocchiale di Cerchio in Biblioteca comunale di Cerchio).
(2) Liber Matrimomorum 1705 cit.
(3) Immagini di un territorio L'Abruzzo nella cartografia storica 1550 -1850 - Diego Maestri - Mario Centofanti - Antonio Denton Litta a cura della Regione Abruzzo - Nuova serie e collana Studi Abruzzesi 12 Stabilimento Litotipografico Gran Sasso s.d. ma 1992.
(4) Archivio Parrocchiale di Cerchio in Biblioteca comunale di Cerchio. (5) Idem.
(6) In Bullettino della Deputazione di Storia Patria Armate LX -LXII=1970-1973 XCI-XCIII dell'intera collezione - tip. Labor Sulmona 1974.
(7) Immagini di un territorio... Op. cit. (7 bis).
(8) Notar M. A. Rietelli, n. 1511, cc. 188 -189 in "immagini di un territorio", op. cit. (9) Ugo Speranza - op. cit.
(10) Immagini di un territorio"... op. cit.
(11) Ezio Mattiocco: Struttura urbana op. cit.

Giovan Battista Basile PDF Stampa E-mail
Giovan Battista Basile (Giugliano 1566 - 1632): scrittore, favolista.
Le rigorose ricerche e l'assiduo impegno del Mons. Francesco Riccitiello e del giornalista Emmanuele Coppola, hanno consentito l'esatta collocazione delle origini di Giovan Battista Basile: governatore di Giugliano e celebre favolista. Pur essendo scarse le notizie concernenti la sua infanzia, la vita del Basile fu caratterizzata dalla grande passione per la letteratura, dalla parentesi militare in qualità di soldato di ventura e dalle disparate esperienze politiche in qualità di amministratore o governatore presso le varie corti ed i feudi. Tali incarichi politici, pertanto, gli consentirono l'approfondimento delle conoscenze del territorio campano -fertile fonte d'ispirazione-.
Tra le sue realizzazioni primeggia "Lo Cunto de li Cunti" o "Pentamerone": una straordinaria opera letteraria che, mediante lo stile fiabesco, coniuga espressioni gergali, proverbi ed invettive con parodie, metafore e mitologia popolare; rilevante nella linguistica è la componente teatrale -espressa con un sapiente dosaggio di ritmi nella narrazione, nei dialoghi e nei monologhi dei personaggi-. "Lo Cunto de li Cunti" e l'eco delle sue narrazioni, pertanto, divennero una fonte d'ispirazione per tutti i favolisti moderni, valicando i confini italiani ed influenzando le opere di celebri autori.
La produzione letteraria del Basile, tuttavia, non si esaurisce nelle opere dialettali; egli, infatti, si cimentò anche in lavori in lingua italiana pur se, la sua grande inventiva, consistette nella capacità di affrontare i temi di attualità coniugando il linguaggio popolare con la leggerezza delle fiabe.
Giuseppe Mario Arpino PDF Stampa E-mail

GIUSEPPE MARIO ARPINO

TRATTO DA:
De BELLIS Giovanni, Modugno e i suoi principali uomini illustri, II ediz. accresciuta e migliorata, Bari, f.lli Pansini, 1892.
Vi troviamo, alle pp. 37 -72:

Il commendatore Giuseppe Mario Arpino vide la luce in Modugno il 1804 da Agostino e Rachele Alfonsi.
Fece i primi studi nella città natia sotto il bravo maestro Bartolomeo Silvestri; poscia i genitori, che non erano molto facoltosi, a via di stenti e privazioni, lo mantennero per parecchi anni a Napoli, dove frequentò l'università e si laureò con sommo onore in economia e giurisprudenza.
Compiuti gli studi, per volere del padre si rimase a Napoli,dove esercitò la sua professione con tanto lodevole successo da meritarsi in breve la fama di dotto e valente giureconsulto.

Il 1829 fu nominato giudice di collegio, e pochi anni dopo giudice del tribunale civile di Napoli. Saputasi poscia dal re Ferdinando II di Borbone la valentia del nostro Arpino, lo mandò a Londra come ambasciatore straordinario per affari di stato
Un tale difficile incarico fu da lui eseguito con grande assennatezza e giustizia; e poichè i mezzi avuti per mantenersi a Londra erano stati superflui, appena tornato, restituì puntualmente al re ciò che gli era rimasto. Per tanta prova di dottrina ed onestà, gli furon conferite molte cariche e titoli d'onore. Fu consigliere della Corte dei Conti e Capo di Dipartimento in Palermo: nel 1848 tornò a Napoli ed assunse la carica di Direttore di Porto e Dogana e di Avvocato Generale della Corte dei Conti.
Poco dopo assunse le funzioni di Capo della Tesoreria del Regno: stando in questa carica fu dagli Stati Uniti d'America e dal Governo delle Due Sicilie, delegato a formulare il trattato internazionale fra questi stati. Finalmente pei suoi grandi meriti, ebbe nel 1855 la nomina a Ministro degli Affari Esteri: il decreto dovea pubblicarsi il giorno 15 Ottobre, invece il 2 dello stesso mese era colpito da morte inaspettata.
Il Sovrano, il Regno, la magistratura e Modugno principalmente fecero in lui una grande perdita. (1)
(1) Da notizie e documenti dei signori G. Sessa, Giamb. Russo e Vito avv. Faenza.

(a cura di Michele Ventrella)

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